sabato 9 dicembre 2023

“Dogman”, Luc Besson (2023)

In un momento in cui le sale cinematografiche sono inondate di produzioni prive di fantasia, perlopiù prequel, sequel, biopic, spin-off di fumetti o videogiochi, una pellicola come “Dogman” rappresenta una ventata di aria fresca. Besson riesce infatti a mixare più generi (poliziesco, commedia, sentimentale) in un film nato da una sua idea originale e che, pur essendo ricco di azione e quindi tutt’altro che noioso, contiene significati interessanti di cui vale la pena parlare.

Doug (un camaleontico Caleb Landry Jones) è quello che potremmo definire un misfit, cioè un soggetto inadatto ad inserirsi nella società, sulla scia dei protagonisti di altre opere di Besson come “Nikita” (1990) e “Léon" (1994). Questa sua condizione è dovuta ai danni psicologici e fisici riportati nell’infanzia in seguito alla ferocia del padre (Clemens Schick) e del fratello maggiore (Alexander Settineri), a causa della quale tra l’altro sua madre, incinta del terzo figlio, è stata costretta a fuggire, abbandonando Doug nelle loro grinfie. E quindi fra le amorevoli grinfie dei cani che il padre alleva per farli combattere Doug passa la sua infanzia, chiuso a chiave con loro in una gabbia. 

Il tema principale del film è l’identità. Della propria Doug non può essere sicuro: a causa sia del terribile trattamento che ha ricevuto dagli esseri umani che della convivenza con i cani egli potrebbe infatti sentirsi più cane che uomo e non è certo casuale a questo proposito l’assonanza fra “Doug" e “dog". Egli sfoga questa sua incertezza identitaria nella passione per i travestimenti, preferibilmente di soggetti femminili (richiamo evidente all’abbandono da parte della madre) e si esibisce con successo a teatro nei panni di Edith Piaf e Marlène Dietrich. Un teatro, tra l’altro, dove recitano esclusivamente Drag Queen, nel quale quindi il travestimento e l’incertezza identitaria sono la regola. Doug è cosciente dei motivi della sua passione per il travestimento e apertamente controbatte l’ipotesi di Evelyn (Jonica T. Gibbs), la psichiatra che lo prende in cura, nel momento in cui lei gli ricorda che il travestimento può anche essere un modo per nascondersi allo scopo di compiere atti inconfessabili. Evelyn rappresenta per Doug l’unico essere umano con cui si crea un clima di confidenza (a parte l’attrice teatrale Salma - Grace Palma - di cui egli si invaghisce da bambino ma che poi lo delude sposandosi) ed il motivo ce lo dice lui stesso: anche Evelyn è vittima degli esseri umani, ha dovuto infatti divorziare da un marito violento che la stalkerizza ed ha avuto un padre violento. In definitiva, il nocciolo del problema è quindi la caratteristica degli esseri umani di poter scegliere fra il Bene ed il Male, caratteristica che i cani non hanno poiché non conoscono la differenza fra i due e quindi non possono sapere cosa sia la cattiveria. E per questo motivo Doug sceglie senza esitazione alcuna i cani. 

 

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