In un’epoca di prequel, sequel e remake, chiara espressione di una preoccupante mancanza di ispirazione nel contesto del film business, la comparsa della terza versione di “E’ nata una stella” (W.A. Wellman, 1937) potrebbe provocare una fastidiosa sensazione di déjà vu; la trama è in effetti identica all’originale, perfino nel cognome del protagonista. Ma non importa, cerchiamo di capire che cosa questa storia, peraltro vecchia come il mondo se la riportiamo al mito di Pigmalione, ci può dire.
Il tema centrale del film, ripreso più volte nei dialoghi fra Jackson Maine (Bradley Cooper) e Ally (Lady Gaga) è che cosa caratterizza una star. Lo svolgersi della storia ci permette di capire gradualmente, seguendo la progressione della carriera di Ally, di cosa si tratti. All’inizio Ally ha paura di salire sul palcoscenico, deve essere spinta a farlo e una volta giuntavi si schermisce, non riesce nemmeno a guardare verso il pubblico. In seguito la vediamo seguire passivamente, dopo un iniziale tentativo di ribellione, i suggerimenti, o meglio le imposizioni, di altri e in particolare del suo agente Rez (Rafi Gavron) in merito a come vestirsi, pettinarsi, ballare. Alla conclusione del film, quando Ally canta “I’ll never love again”, uno struggente addio pieno di rimpianti, questa definizione ci appare con chiarezza: Ally infatti si presenta in scena come se stessa, per esprimere al suo pubblico i suoi sentimenti. Non servono lustrini, vestiti bizzarri, acconciature improponibili e balletti (il che per Lady Gaga non è poco!) sembra dirci il Bradley Cooper regista, poiché essere una star vuol dire saper comunicare al pubblico, grazie ad un talento innato, i propri sentimenti e il proprio modo di vedere la vita. E questo messaggio è sottolineato dal brevissimo primo piano di Ally, seria e composta nel suo dolore, che chiude il film fissando intensamente la macchina da presa. Questo primo piano ci conferma che finalmente, dopo tanta incertezza, paura e dolore, Ally ha imparato a guardare negli occhi il suo pubblico ed è diventata così una vera star, capace di muoversi da sola.
All'uscita dalla sala lo spettatore è preda di sentimenti contrastanti: da una parte la tristezza per il dramma che caratterizza la fine della storia fra Jackson ed Ally, dramma che Cooper anticipa già dalle prime battute del film quando inquadra un'insegna costellata di cappi, e dall’altra la soddisfazione per l’inizio della meritata carriera di Ally. Ma in definitiva non c’è nulla di nuovo sotto il sole, sappiamo bene che tutto deve finire, l’importante è che a una fine segua un nuovo inizio che ci permetta di sperare nel futuro.
In conclusione, è vero che “A Star is born” è la quarta versione cinematografica di questa storia, ma è comunque un remake che vale la pena di vedere per l'ottimo esordio di Bradley Cooper come regista e di Lady Gaga come attrice, accompagnati da una colonna sonora coinvolgente.
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