giovedì 24 ottobre 2024

“Joker: folie à deux”, Todd Phillips (2024)

Dopo l’arresto avvenuto in “Joker" (2019, Todd Phillips) Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) è stato chiuso in carcere ad Arkham e qui lo ritroviamo in questo film, in attesa di processo per gli omicidi compiuti. La narrazione ruota intorno ad un aspetto prevalente del suo disturbo psichiatrico e cioè il disturbo di personalità multipla, come già evidente dal cartoon che apre il film dove appare la sua ombra che si svincola da lui a forza e commette una serie di pessime azioni delle quali però è alla fine Arthur a pagare lo scotto. In chiave psicoanalitica Joker rappresenta, secondo il canone di Gustav Jung, il Doppelgänger di Arthur, l’aspetto negativo della personalità che esprime ciò che la coscienza non può o non vuole far affiorare. Perchè in Arthur compare questo scomodo compagno? I motivi nella storia della sua infanzia infelice, caratterizzata da maltrattamenti ed abusi di ogni genere, non mancano, ma forse quello che prevale è la sua sensazione di rappresentare un totale fallimento, un individuo che non è nulla nel mondo materiale, un invisibile. Ed infatti egli cerca l’attenzione e l’apprezzamento altrui raccontando storie umoristiche che però non fanno assolutamente ridere, evocando un ennesimo fallimento cui fa eco la sua risata terrificante che si tramuta in urlo di rabbia e dolore. Grazie al suo Doppelgänger Arthur riesce invece a realizzare il suo desiderio di fama ed attenzione, come già visto nel film precedente, riuscendo a personificare la rabbia feroce di tutti coloro che vivono ai margini della società. Ma il problema di Arthur si disvela nel corso della narrazione ed appare evidente durante la folle arringa che recita in sua difesa in tribunale: egli vuole liberarsi di Joker ed essere se stesso assumendo le sue responsabilità, ma non ci riesce, un po' come il buon Dr Jekill che a un certo punto non riesce più a liberarsi del malvagio Mr Hyde. Arthur non riesce a far prevalere la sua personalità anche perchè ormai è Joker a predominare come vediamo con chiarezza nell’incontro con Harley Quinn (Lady Gaga), nel cui nome risuona il malvagio Hellequin, leader della caccia selvaggia della mitologia nordica, nella cella di isolamento in cui Arthur è rinchiuso. Harley infatti porta con sé il necessario per truccarlo da Joker perchè è lui che essa vuole, lui rappresenta per Harley l’immaginazione, la fantasia, l’intrattenimento (lo dice chiaramente in una delle canzoni che accompagnano il film), Arthur non le interessa e lo dichiara esplicitamente più tardi, nel colloquio sulla famosa scala che porta a casa Fleck. Ancora un fallimento per Arthur che non riesce nemmeno a salire tutta la scala da cui era disceso danzando nel 2019 non raggiungendo quindi il cielo finalmente azzurro (per tutto il film piove) poiché viene ricacciato nel grigio di Arkham dalla polizia. Ed eccoci al finale, tema del quale è chi sarà l’erede di Joker: sarà il figlio del quale Harley Quinn (peraltro mentitrice spudorata) aveva precedentemente accennato di essere in attesa o il detenuto che pone fine alla vicenda e che vediamo a margine dell’immagine tagliarsi gli angoli della bocca per riprodurre il sorriso di Joker? 

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