La decisione fra obbedire al dovere e tutelare la vita, seppure a prezzo di menomazioni, non è certo facile e presenta sfumature soggettive che giustamente Amelio registra nel presentarci un soldato che, invece di voler evitare ad ogni costo il ritorno alla guerra, chiede con insistenza di essere rimandato al fronte perché i suoi commilitoni sono la sua famiglia. Un giudizio fra queste due opzioni non viene quindi espresso. Ciò che ci mostra con chiarezza il film è che la visione rigida di Stefano, ligio al dovere, gli permette di vivere e lavorare se non tranquillo (la sua preoccupazione è l'epidemia di spagnola che inizia a diffondersi e rischia dal suo punto di vista non tanto di mietere vite umane, ma di sottrarre carne da cannone ai generali) almeno senza nutrire dubbi. La visione umanitaria di Giulio lo porta invece a dubitare delle sue azioni, soprattutto dopo che un soldato cui egli aveva procurato lesioni oculari per risparmiargli il fronte viene per questo fucilato come traditore. Nella scena della fucilazione è ben visibile la scritta "Per la Patria e per l’Umanità”, ispirata alla concezione mazziniana dei doveri dell’uomo, concezione cui si ispira Stefano nel compiere il suo lavoro. I dubbi di Giulio diventano sempre più pressanti dopo questo episodio e certo non lo aiuta il trasferimento in un forte dove sono ricoverati i soldati affetti dalla spagnola. A questo punto il carico emotivo diviene per lui intollerabile fino a rendergli impossibile continuare a vivere, nonostante la vicinanza di Anna.
“Campo di battaglia” non è un film di guerra, ma un film sulla guerra, cioè sugli effetti che questa evoca in chi la vive, effetti che in definitiva sono una amplificazione nel singolo individuo di idee e concetti, frutto della genetica e dell’ambiente, già in esso presenti.
Nessun commento:
Posta un commento