domenica 4 agosto 2024

“Utama”, Alejandro Loayza Grisi (2022)

Sisa (Luisa Quispe) e Virginio (José Calcina), anziani coniugi Quechua, vivono in un altipiano delle Ande, isolati nella loro fattoria. La loro fonte di reddito è una mandria di lama che giornalmente Virginio porta a pascolare, mentre Sisa pensa alle faccende domestiche ed a procurare l’acqua, compito quest’ultimo sempre più problematico perché una grave siccità sta trasformando l’altopiano in un arido deserto. Virginio è malato ma non vuole dare ascolto al nipote Clever (Santos Choque) che vorrebbe portare i nonni a vivere in città per poterne aver cura e fornire a Virginio cure adeguate.

“Utama” è un film importante perché attira l’attenzione sul cambiamento climatico e sui disastri irreversibili che la penuria di acqua da esso derivante può comportare. C'è però un altro aspetto altrettanto importante del film che va sottolineato e cioè l’amore, amore che ha diverse sfaccettature. Vediamo il rapporto fra Virginio e Sisa. Egli ha un atteggiamento patriarcale, ma il rapporto fra i due è di una dolcezza commovente ed è soprattutto espresso con maestria con sguardi e gesti semplici come prendersi la mano o scambiarsi una fugace carezza; le parole non servono in questo contesto. E poi l’amore per la propria terra e per le proprie tradizioni, testimoniato dalla incrollabile volontà di Virginio di non andare a vivere in città e farsi curare (non a caso "utama" significa in lingua quechua"la nostra casa"). Vi è poi l'attaccamento alle tradizioni, evidente nel ricorso al sacrificio di animali per implorare l'arrivo della pioggia, nonostante segni evidenti di adesione ad un credo cristiano. L'amore si manifesta anche fra generazioni, ce lo dimostra il nipote Clever che si stabilisce nella casa dei nonni per aiutarli e per cercare di convincere, invano, Virginio a curarsi. Mentre Sisa esprime apertamente l'affetto per il nipote, lo stesso non si può dire di Virginio che inizialmente ha nei suoi riguardi un atteggiamento piuttosto duro, forse perché gli ricorda la decisione di suo figlio di abbandonare l'altopiano per andare a vivere in città. Ma quando viene a sapere che Clever diventerà padre, Virginio gli dimostra a modo suo tutto il suo affetto regalandogli i suoi beni più preziosi: una scatoletta con alcune vecchie foto di famiglia e alcuni frammenti d'oro nonché il suo cappello. Dopo l'incontro con un vecchio condor, ulteriore richiamo alle tradizioni, Virginio muore tranquillo nel sonno e viene seppellito nel piccolo cimitero locale. Il film si chiude come si era aperto: all'inizio infatti avevamo visto l'immagine folgorante, degna di un'opera di Anselm Kiefer, di Virginio che cammina verso uno sfondo montuoso apparentemente infinito ed alla fine lo stesso tipo di inquadratura ci mostra Sisa che conduce al pascolo i lama mentre tuoni rimbombano in cielo. Ed è difficile non pensare che la morte di Virginio possa aver rappresentato l'estremo sacrificio che ha convinto la divinità a far venire la tanto attesa pioggia.

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