venerdì 27 ottobre 2023

“Killers of the Flower Moon”, Martin Scorsese (2023)

Martin Scorsese ci offre un secondo episodio, dopo “Gangs of New York” del 2002, dedicato alla nascita della nazione americana, ancora una volta condito da violenza, avidità e prevaricazione. Al di là di questa tematica un'analisi dei tre personaggi principali, riportati nel poster a fianco: Molly Burkhart (Lily Gladstone), il marito Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio) e suo zio William “King” Hale (Robert De Niro), offre ulteriori spunti di interesse.
Molly è una nativa pellerossa della nazione degli Osage; dal suo modo di comportarsi traspare il pessimismo di fondo che la anima e che riflette quello di tutti gli Osage, come l’incipit del film evidenzia: essi sanno di essere destinati nel tempo ad essere completamente assorbiti nel mondo dei bianchi, perdendo quindi la loro cultura, le loro tradizioni. E, pur essendo un popolo di guerrieri, sanno anche bene che è inutile combattere per salvaguardare la loro identità. Mantengono, è vero, alcune loro usanze come la preghiera rituale al sorgere del sole o le mele poste sulla bara dei defunti, ma d’altro canto seppelliscono i loro morti nel cimitero dei bianchi e partecipano alle funzioni religiose della chiesa cattolica. A questo motivo di pessimismo si aggiunge in Molly la consapevolezza che il diabete da cui è affetta non le permetterà una lunga sopravvivenza. William Hale è invece aggressivo tanto quanto Molly è remissiva: egli è un businessman che non si ferma di fronte a nulla pur di fare affari, utilizzando spesso e volentieri le Sacre Scritture per giustificare il suo agire. Questo ricorrere alla Bibbia per giustificare le malefatte legate alla propria avidità non è infrequente, pensiamo ad esempio al predicatore di “La morte corre sul fiume” (Charles Laughton, 1955) che ammazza ricche vedove citando passi biblici e parlando con il Signore. Questo intreccio fra religione e capitalismo è stato ben spiegato già nel 1905 dal sociologo Max Weber (L’etica protestante e lo spirito del capitalismo) secondo il quale l'idea calvinista del Beruf, cioè della vocazione (in questo caso la capacità di arricchirsi) che Dio concede solo ad alcuni e che è grave peccato non coltivare, se portata agli estremi degenera in un capitalismo selvaggio e senza regole. E William Hale non smentisce questo concetto: dopo aver fatto sposare Molly al nipote Ernest, organizza una trama diabolica che prevede l’eliminazione di tutti membri della famiglia di Molly allo scopo di far sì che Ernest rimanga erede unico delle quote derivanti dallo sfruttamento del petrolio, presente in abbondanza nel territorio degli Osage e fonte per loro di una enorme ricchezza. 
Ed infine Ernest, reduce di guerra (siamo nel 1920), un personaggio psicologicamente complesso: vi è in lui una disonestà di fondo, lo dimostrano le rapine che commette, e sembra anche essere scarsamente dotato sul piano intellettivo (non dimentichiamo però che gli orrori della guerra possono aver lasciato in lui un segno permanente). Oltre a ciò, appare privo di una sua volontà: per tutta la narrazione è ad esempio succubo dello zio, salvo alla fine lasciarsi facilmente convincere dagli agenti federali a testimoniare contro di lui al processo. Se c’è in lui un lato positivo è l'amore per Molly, sentimento che sembra reale, egli non pare in effetti rendersi conto che i medici che la curano, spinti dallo zio William la stanno in realtà avvelenando. 
In sintesi, il Cattivo (Hale) mira a distruggere i Buoni (gli Osage, nella persona di Molly), usando come arma lo Sciocco (Ernest). Lo schema non è nuovo; fortunatamente almeno questa volta arriva la cavalleria nei panni dei Federali di John E. Hoover. 
  
 

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