mercoledì 18 maggio 2022

“Generazione low-cost”, Emmanuel Marre e Julie Lecoustre (2021)

 

Ancora una volta il titolo italiano, forse scelto perchè vagamente accattivante, non rende lo spirito del film. Meglio sarebbe stato mantenere l'originale Rien à foutre, traducibile nella migliore delle ipotesi con “Frega niente” per non dir di peggio. Ed in effetti ai quadri della compagnia aerea per cui lavora come assistente di volo Cassandra (Adèle Exarchopoulos), la cui divisa richiama i colori di una nota compagnia low-cost irlandese, non interessa nulla di ciò che riguarda dipendenti e passeggeri purché siano salvi l’immagine e il profitto. I rapporti umani contano zero (appunto) e lo vediamo chiaramente ad esempio quando Cassandra viene rimproverata aspramente per aver acquistato con la sua carta di credito una bottiglia di vino per consolare una passeggera in evidente crisi depressiva; le regole non permettono l’uso della carta di credito dei dipendenti per acquisti in volo e ciò basta. Si tratta dell’esatto contrario dell’approccio fenomenologico, proposto da Edmund Husserl, che prevede di interpretare il mondo che ci circonda indipendentemente da preconcetti, cercando di capire il perchè degli eventi; qui invece del perché “frega niente” a nessuno. 
Un altro aspetto da sottolineare è come Cassandra vive la vita al di fuori del lavoro e forse è l’aspetto più deprimente. Essa infatti si rifugia nello smartphone sempre a portata di mano, navigando su Instagram o chattando con sconosciuti e passa serate abbrutenti fra musica techno, superalcolici e incontri sessuali occasionali. D’altro canto questo rientra nella sua filosofia di vita, lo chiarisce lei stessa molto bene nel discutere con alcuni colleghi più anziani che vorrebbero convincerla a scioperare, quando dichiara che per lei il futuro non esiste, non sa nemmeno se sarà viva il giorno dopo. Questo è l’aspetto più sconsolante che ci trasmettono Marre e Lecoustre, cioè il ritratto di una generazione che, non avendo speranze per il futuro, vive in un eterno presente, all’insegna dell’abusata espressione “come se non ci fosse un domani”. E inoltre, non pensando al futuro, Cassandra cerca anche di evitare il passaggio offertole ad un livello superiore (tentativo tra l’altro inutile perchè le vien fatto capire chiaramente che l’alternativa è il licenziamento); per lei vale quindi solo lo status quo, non vi è ambizione di miglioramento. Ma oltre a un futuro manca anche un passato, lo capiamo bene quando Cassandra e la sorella avidamente ascoltano i ricordi del padre in merito a come avvenne il suo incontro con la loro madre: non avendo un passato che valga la pena ricordare devono ricorrere al passato altrui, il che tristemente ricorda i replicanti di “Blade Runner” (Ridley Scott, 1982) che cercavano di raggiungere l'ambìto status di esseri umani impiantandosi ricordi fittizi. Un quadro quindi molto pessimista quello dipinto da Marre e Lecoustre, emerso dopo le illusioni ispirate dalla fine della guerra fredda e dalla caduta del Muro nel 1989 (la “Fine della storia" secondo Francis Fukuyama) e dalla globalizzazione, quando si poteva sperare in un roseo futuro. Ci sono voluti l’11 settembre 2001, la crisi del 2008, nonché la pandemia del 2020 ed ora la guerra in Ucraina per toglierci gli occhiali rosa e farci guardare in faccia la realtà.

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