La Memoria, una funzione della mente cui abitualmente e consciamente non prestiamo attenzione, ma senza la quale è difficile immaginare di poter condurre un'esistenza normale. Le quattro pellicole che ho scelto trattano questo tema da angolature diverse nell'arco degli ultimi 60 anni: "L'anno scorso a Marienbad" (Alain Resnais, 1961), "Memento" e "Inception" (Christopher Nolan, 2000 e 2010), "Memoria" (Apichatpong Weerasethakul, 2021).
In "Marienbad" la memoria è un qualcosa di sfuggente ed aleatorio, i protagonisti (Delphine Syirig e Giorgio Albertazzi) non ricordano con precisione gli eventi, lui cerca di convincere lei di essersi già conosciuti, ma invano. E tutti i personaggi vivono in un eterno presente, ripetendo gli stessi atti e dicendo le stesse cose negli stessi ambienti. Tutto ciò è coerente, la memoria è infatti essenziale per interpretare il mondo, senza di essa percepiremmo eventi, oggetti, persone cui non sapremmo attribuire un significato sicuro poiché non saremmo in grado di metterli in relazione con altri eventi, oggetti, persone. In assenza della memoria si può quindi vivere solo come automi in un presente senza passato né futuro. Senza futuro sì, ma senza sfuggire al destino: un personaggio inquietante (Sacha Pitoëff) che si aggira misterioso nel sontuoso albergo in cui si svolge la narrazione vince sempre qualsiasi giuoco d'azzardo in cui viene coinvolto (il suo motto è "Posso anche perdere, ma vinco sempre") ed è difficile non vedere in esso una metafora della Morte, eterna vincitrice.
Anche in "Memento" il protagonista Leonard Shelby (Guy Pearce) ha problemi con la memoria: a causa di un trauma non riesce a ricordare eventi, oggetti, persone che per pochi minuti soltanto. Il suo modo di ovviare a questo problema è semplice: si tatua sul corpo o scrive su foglietti volanti le cose che gli sembrano importanti da ricordare. Ma qui sorge il problema. In primo luogo la memoria è in grado, con meccanismi non ancora ben noti, di scegliere cosa ricordare e cosa non ricordare o comunque di stabilire una scala di priorità dell'importanza di ciò che percepiamo, il che Leonard non riesce sempre a fare. In secondo luogo, la percezione degli eventi, e quindi il loro ricordo, può risultare sfalsata da fattori contingenti, ma nel caso di Leonard il trasferimento delle cose da ricordare, affidato alla scrittura sul corpo o su foglietti, è una ulteriore fonte di possibili errori. La conclusione è che il povero Leonard non riesce a ricostruire con precisione il passato per cui è continuamente a rischio di non riuscire a progettare correttamente il futuro.
Dopo 10 anni, in "Inception" Nolan si spinge più avanti in merito alla dubbia affidabilità della memoria. Il film tratta infatti della possibilità di inserire durante il sonno falsi ricordi nella mente di persone inconsapevoli (in effetti il sonno sembra essere il momento durante il quale i ricordi vengono, per così dire, messi in ordine dalla mente) allo scopo di modificarne il comportamento e le decisioni future.
“Memoria” riporta lo spettatore indietro di 50 anni rispetto agli effetti speciali di “Inception", a pellicole come appunto “Marienbad” dove l’immagine-tempo predominava sulla immagine-movimento (Gilles Deleuze, 1985). In esso troviamo infatti inquadrature molto lunghe, nel corso delle quali nulla avviene, riprese con macchina fissa (un ricordo del cinema di Ozu) e nel corso delle quali i personaggi non sono mai in primo piano, a sottolineare l’importanza dello sfondo, assai spesso rappresentato dalla ricca vegetazione colombiana. Ed anche i suoni hanno un ruolo importante nel film, quelli della città ma soprattutto quelli della natura, nonché il misterioso tonfo che sveglia la protagonista Jessica (Tilda Swinton) all’inizio del film per poi ripresentarsi in modo casuale nel corso di esso e sulla cui natura Jessica si interroga. Nel corso della ricerca dell’origine di quel suono Jessica si trova ad affrontare il tema principale del film, vale a dire la memoria. Memoria intesa come bene comune a tutta l’umanità, conservata oltre che nelle menti dei viventi anche negli altri elementi della natura come piante, rocce, corsi d’acqua e ancora nei resti umani di 6.000 anni fa che emergono dagli scavi di un tunnel a Bogotà. Ecco quindi perché il regista insiste nel presentarci sfondi e rumori naturali, proprio per ricordarci il ruolo preminente della Natura nell’organizzazione della nostra vita. E questo concetto mistico della memoria comune che può ricordare l’Inconscio Collettivo di Carl Gustav Jung non si ferma per il regista al nostro piccolo mondo: in una delle sequenze più originali del film vediamo infatti un’astronave mimetizzata nella vegetazione rigogliosa della giungla che pigramente si innalza e vola via fino a scomparire nel cielo come se, dopo aver immagazzinato i ricordi della Terra (forse sotto forma dei tonfi misteriosi) li portasse ad altre popolazioni dell’universo per condividerli con esse.
Questi quattro film, cui se ne potrebbero aggiungere molti altri ispirati ad altre sfaccettature dello stesso tema, per esempio la perdita della memoria (uno per tutti “Lo smemorato di Collegno", Sergio Corbucci 1962) sono solo un piccolo esempio dello stretto rapporto esistente fra Memoria e Settima Arte. Non va dimenticato però il ruolo della narrativa in questo ambito, pensiamo ad esempio all’importanza della memoria involontaria, ispiratrice dell’Arte nel capolavoro di Marcel Proust “Alla ricerca del tempo perduto” (1913-1927).
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