2005 - 2008 - 2012 |
Nei suoi primi tre lungometraggi, Following 1998, Memento 2000 e Insomnia 2002, Nolan ha focalizzato la narrazione sulle tematiche, talora peraltro molto complesse da decifrare (vedi ad esempio il caso di Memento). Con la trilogia di Batman, organizzata in ordine cronologico con un inizio (Batman begins, 2005), una fase intermedia che esita nel declino del personaggio (The Dark Knight, 2008) ed una resurrezione che esita nella chiusura dell’epopea (The Dark Knight rises, 2012), Nolan inaugura una nuova modalità filmica intrecciando la narrazione delle tematiche con uno stile da blockbuster che rende il prodotto apprezzabile anche da uno spettatore alla ricerca di puro svago.
Che temi affronta Nolan in questa trilogia?
Partiamo dai moventi da cui scaturiscono le azioni dei protagonisti.Cosa spinge Bruce Wayne (Christian Bale) a diventare Batman? Può trattarsi di desiderio di vendetta nei confronti del malvivente che uccise i suoi genitori oppure di desiderio di giustizia, come sostiene Bruce, che dichiara di non vedere differenza fra giustizia e vendetta, argomentazione questa peraltro debole e prontamente rintuzzata da Rachel Dawes (Katie Holmes), assistente del procuratore distrettuale (Batman begins), poiché la vendetta è soggettiva e la giustizia deve essere oggettiva. Una interpretazione convincente ritengo possa essere data in modo dinamico: in un primo tempo valgono sentimenti quali il desiderio di vendetta (non a caso Bruce cerca di uccidere l’assassino dei suoi genitori all’uscita dal tribunale), ma anche l’esorcizzazione del proprio senso di colpa per avere causato (involontariamente) la loro morte. In seguito però, attraverso un processo psicologico di sublimazione, questi sentimenti si trasformano in una esigenza, oggettiva e socialmente apprezzabile, di fare giustizia e difendere Gotham dalla malavita riportandovi l’ordine. E l’abbattimento dell’ordine è invece il movente di Joker (Heath Ledger), un villain a suo modo affascinante ed unico per la pulsione totalmente immotivata a distruggere che lo anima: I wanna see Gotham burn, "Voglio vedere Gotham bruciare” egli ammette candidamente nel corso dell’interrogatorio alla stazione di polizia (The Dark Knight), un momento importante perché, oltre a farci capire la assoluta mancanza di un motivo nel suo agire, configura un attacco sul piano morale alla figura di Batman. Joker sottolinea infatti come il comportamento da giustiziere di Batman lo porti ad agire proprio fuori dalle regole di cui dovrebbe essere paladino riuscendo, attraverso la provocazione, a farsi aggredire fisicamente da Batman, ennesima dimostrazione della illegalità delle sue azioni. È verosimile che questo episodio abbia influenzato la decisione di Batman di addossarsi in seguito le colpe del procuratore distrettuale Harvey Dent (Aaron Eckardt), ottenendo lo scopo di regalare a Gotham un eroe, ma anche di redimere se stesso dalla colpa di utilizzare metodi illegali. E alla distruzione punta anche la Lega delle Ombre (The Dark Knight rises) per mezzo di R’as al Ghul/Ducard (Liam Neeson), Bane (Tom Hardy) e Talia (Marion Cotillard) ma in questo caso per un motivo: Gotham deve essere distrutta per punire la malvagità che vi alligna, distruzione che rappresenta la premessa necessaria per un nuovo inizio. Questo punto di vista molto pessimistico per quanto riguarda le possibilità di riscatto dell’umanità non costituisce certo una novità: la distruzione come punizione, sotto forma di diluvio universale, si trova in tutti i miti e le religioni, pensiamo ad esempio al mito babilonese di Upanishtim, al mito greco di Deucalione e Pirra e ovviamente al racconto biblico di Noè e l'arca. Ma, come ricorda William Faulkner in “Requiem per una monaca” (1950), “Il passato non muore mai. Non è nemmeno passato” e quindi la distruzione, come ammette lo stesso R’as al Ghul, deve essere eseguita ciclicamente nei secoli. E che dire dell'immacolato procuratore distrettuale Harvey Dent? Egli passa dal Bene al lato oscuro della Forza, per usare il gergo dei cavalieri Jedi, per vendicare la morte dell’amata Rachel (Maggie Gyllenhaal) e il segno di questo passaggio rimane nel volto sfigurato a metà, da cui il soprannome Due Facce (The Dark Knight). Vi è qui un evidente richiamo alla figura del Doppelgänger, del doppio malvagio che alberga in ognuno di noi, pronto a scatenarsi in presenza di uno stimolo adeguato. La mancanza di una sicura demarcazione fra Male e Bene è presente anche in Bane (Tom Hardy) che conosciamo come esecutore spietato dei voleri di R’as al Ghul, ma che poi apprendiamo averne protetto e salvato la figlia Talia pagando per questo un caro prezzo, cioè l’uso della maschera a vita a causa delle lesioni riportate. La maschera, appunto. Come Batman e Catwoman/SelinaKyle (Anne Hathaway) sono mascherati anche tutti i malvagi, compreso lo psichiatra dott. Crane (Cillian Murphy), eccetto R’as (che usa però una controfigura) e Talia che non può usarla poiché agisce sotto copertura. Sul piano comunicativo la maschera è un simbolo; la sua efficacia dipende dal fatto che, contrariamente alla parola che si rivolge alla mente razionale e necessita quindi di una elaborazione cognitiva che richiede tempo, il simbolo si rivolge all’inconscio evocando una risposta automatica e immediata che in questo caso è caratterizzata dalla paura poiché dietro ad un volto mascherato l’inconscio ci dice che può celarsi una minaccia. Ecco quindi che la paura, contro la quale Bruce aveva lottato per compiere la sua missione, viene da lui ritorta sugli avversari per avere la meglio su di loro, come gli aveva insegnato Ducard:"Per conquistare la paura devi diventare la Paura” (Batman begins). E il richiamo di Nolan all’inconscio è presente metaforicamente anche nei luoghi sotterranei e bui che popolano la trilogia, dalla Batcaverna, al Pozzo, alla Fogna e, perchè no, alla assonanza in inglese dei due termini knight (cavaliere) e night (notte).
Rimane un tema, importante quanto difficile da definire: è lecito l’intervento di Batman nella lotta alla malavita? Può un privato cittadino muoversi in tal senso al di fuori di qualsiasi autorizzazione da parte del sistema? Questo aspetto è affrontato in una discussione (The Dark Knight) in cui il procuratore Dent sostiene che l’intervento di Batman è lecito sulla scorta del fatto che gli antichi romani, quando il nemico era alle porte, sospendevano la democrazia ed eleggevano un plenipotenziario per proteggere Roma, al che Rachel obietta che Cesare, quando fu eletto per questo scopo, non rinunciò più al potere; in ogni caso, come ricorda Bruce, Batman non è stato eletto da nessuno. Le opinioni in merito fra i filosofi della politica non sono omogenee. Un classico pensatore liberale come John Locke (1632-1704) ritiene che i diritti naturali (diritto alla vita, alla libertà, ecc.) vengano prima della politica e che questa debba quindi proteggerli. Questo principio è tuttora ritenuto valido, ad esempio da John Rawls (1921-2002) quando afferma:”Ogni persona possiede una inviolabilità fondata sulla giustizia che non può essere superata nemmeno dal benessere (welfare) della società nel suo insieme”. Le posizioni di Batman, che non esita a rapire Lau (Chin Han) a Hong Kong e a portarlo a Gotham, a usare la violenza per ottenere informazioni e ad intercettare le telefonate di tutta la città, si situano invece più dalla parte di filosofi conservatori quali Thomas Hobbes (1588-1679) e David Hume (1711-1776) che ritengono lecito ricorrere a qualsiasi risorsa pur di salvaguardare l’ordine della società. E’ pur vero che Batman riconosce nel suo intimo di agire sul filo della legittimità, peraltro supportato nel suo agire da uomini delle istituzioni come il procuratore Dent :”Credevamo fosse possibile restare uomini degni in tempi indegni” (The Dark Knight) e il commissario Gordon (Gary Oldman) :”Quando le regole non sono più strumenti ma catene spero che tu avrai un amico come lo ho avuto io, che affondi le sue mani nel fango per mantenere pulite le tue” (The Dark Knight rises). La questione è quindi di difficile soluzione, verrebbe quasi voglia di risolverla à la Dent, vale a dire lanciando la moneta; probabilmente, ferma restando la inalienabilità dei diritti naturali in condizioni ordinarie, sarebbe accettabile una deroga a questa regola a due condizioni:
- Che di partenza le istituzioni democratiche siano saldamente radicate e quindi pronte a riprendere il sopravvento.
- Che la deroga sia chiaramente inquadrata nello “stato di eccezione” evocato da Carl Schmitt (1888-1985).
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