A prima vista “Ma cosa ci dice il cervello” potrebbe essere considerato semplicemente una commedia divertente e ben costruita. In realtà, esso presenta anche parecchi spunti di riflessione su cui vale la pena di soffermarsi.
Il titolo per primo solleva una domanda: a chi parla il cervello? Chi è il suo interlocutore? Verosimilmente si tratta del nostro corpo che necessita di istruzioni in merito a come comportarsi. Il regista sposa quindi una visione dualista del rapporto Mente-Corpo che richiama la Res cogitans e la Res extensa di Cartesio, dove Mente e Corpo sono nettamente separate, seppure colloquianti attraverso la ghiandola pineale. La storia in sé necessita proprio di questo approccio concettuale nel momento in cui affronta gli aspetti educativi che ne rappresentano una parte consistente. A questo punto è necessario un breve riassunto della trama: Giovanna (Paola Cortellesi) è una anonima impiegata ministeriale; è separata dal marito e vive con la madre e la figlia bambina. Quest’ultima si vergogna del grigiore della vita della madre, a paragone con le attività avventurose dei parenti dei compagni di scuola: astronauta, pompiere, mangiatore di fuoco...Ma in realtà Giovanna non è una semplice impiegata, è un agente segreto di altissimo livello, una 007 utilizzata in rischiose missioni internazionali. Questo ruolo le permette di reagire ad una serie di torti subiti da quattro suoi ex-compagni di scuola, vittime nel loro lavoro della tracotanza anempatica, dell’aggressività bullesca e dell’ignoranza crassa che dominano il modus vivendi della nostra società. Questa reazione non va però intesa come una pura e semplice vendetta ma come una forma di educazione del prossimo, diretta al cervello, inteso come entità a sé stante, affinché modifichi i messaggi che manda al corpo. Ma qui sorge un problema: ha diritto Giovanna ad ergersi a giudice degli altri e a modificarne il comportamento? Probabilmente no poiché questo atteggiamento comporta il rischio di sconfinare in una indebita invasione della sfera personale che può ricordare gli eccessi dello stato etico, come ben raccontato da Woody Allen ne “Il dittatore del libero stato di Bananas” (1971) dove il dittatore appunto ordina che la popolazione indossi le mutande sopra i pantaloni per essere certo che vengano cambiate ai giusti intervalli. Giovanna dovrebbe limitarsi ad esortare gli amici a reagire in modo corretto alle provocazioni, come essa stessa farà nella scena finale il cui esito però il regista non ci mostra, facendoci capire di non essere proprio certo della efficacia di questo approccio.
E un altro messaggio è quello di guardare oltre le apparenze. Giovanna, un pò come l’Atticus Finch del “Buio oltre la siepe” (Harper Lee, 1960), sembra un essere grigio ed insignificante, ma nasconde doti del tutto inaspettate che sicuramente entusiasmerebbero la figlia. E ancora, Roberto (Stefano Fresi), bellissimo ragazzo di cui Giovanna era innamorata a scuola, è oggi tutt’altro che un Adone, il suo aspetto delude Giovanna e le sue amiche, ma questo aspetto nasconde doti che porteranno Giovanna ad innamorarsi ancora di lui.
In conclusione, “Ma cosa ci dice il cervello” non solo castigat ridendo mores ma educa nel modo più efficace, e cioè divertendo.
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