lunedì 9 settembre 2019

“Martin Eden”, Pietro Marcello (2019)

Pietro Marcello inizia il suo bel film con le immagini di un comizio tenuto dall’anarchico Errico Malatesta a Savona il 1° maggio del 1920 e lo chiude ai giorni nostri con l’immagine di un gruppo di immigrati che consumano il loro pasto attorno ad un falò sulla spiaggia. Questo secolo è l’arco temporale in cui è racchiusa la vicenda di Martin Eden, liberamente tratta  dall'omonimo romanzo di Jack London (1909). Questa precisazione cronologica è importante perché l’interesse principale del regista è mettere a fuoco l’impossibilità per un personaggio come Martin (Luca Marinelli) di vivere inquadrato nel suo tempo. Egli è infatti un irregolare, un outlier, termine che in gergo statistico indica i dati che escono dagli estremi della media. Lo vediamo in particolare nel suo modo di vivere la politica: è convinto che le classi colte e ricche debbano adoperarsi per migliorare le condizioni dei poveri poiché è al loro lavoro che esse devono la loro cultura ed il loro benessere, ma al contempo rifiuta il ruolo del sindacato poiché ritiene che esso azzeri l’individuo diventando sostanzialmente per il lavoratore un altro padrone. Questa sua visione, in gran parte legata allo studio della dottrina di Herbert Spencer, lo porta a scontrarsi sia con la famiglia altolocata della sua amata Elena (Jessica Cressy), che con i lavoratori, acerrimi nemici di una visione individualista della vita in accordo con il pensiero marxista. D’altro canto Martin non può non credere nelle virtù dell’individuo, egli è un self-made man, un giovane marinaio che dedica tutto il tempo libero, e nonostante la dura opposizione del cognato, a studiare, a leggere, a scrivere per emanciparsi dalla condizione di incolto lavoratore manuale e mettersi socialmente alla pari con Elena, condizione questa  necessaria per coronare il loro sogno d’amore. E paradossalmente saranno appunto le idee che Martin acquisirà grazie allo studio a portarlo su posizioni politicamente incompatibili con la famiglia di Elena, come detto in precedenza, e di conseguenza alla loro separazione.
Alla formazione di Marcello contribuiscono oltre ad Elena due figure importanti: Maria (Carmen Pommella), la vedova che lo accoglie nella sua casa insieme ai suoi bambini e che rappresenta per Martin una figura a metà fra madre ed amica che con la sua semplice visione della vita fa da contraltare ai suoi sogni di gloria e ancora Russ Brissenden (Carlo Cecchi), enigmatico scrittore e mentore di Martin cui egli si affeziona come ad un padre. E proprio Russ si adopera per dissuadere (inutilmente) Martin dal perseguire la carriera di scrittore che a suo parere non gli porterà nulla di buono.
Resta da sottolineare l'originale struttura del film, caratterizzata da salti temporali apparentemente stranianti, ma che mantengono viva l’attenzione dello spettatore e da brevi sequenze inserite in modo inatteso, utili di volta in volta a rendere i pensieri di Martin, sia metaforicamente (ad esempio il veliero che affonda come espressione di una delusione sofferta) che sotto forma di memoria (ad esempio quando, ragazzino, balla con la sorella), e a ricordare l'ambiente (il mare ed il porto con i lavoratori, la campagna, gli animali) in cui si svolge la storia, come per ancorare lo spettatore alla realtà materiale della vita che fa da sfondo alle vicende umane. E proprio il mare, testimone degli esordi di Martin marinaio nella sua Napoli, ospiterà l’ultima sua sfida: una nuotata imperiosa lungo la scia luminosa del sole calante per affrontare, con la ferrea volontà che abbiamo imparato a conoscere, il tramonto.

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