sabato 13 maggio 2023

“The Fabelmans”, Steven Spielberg (2022)

 

In questo film Steven Spielberg  si narra e narra il suo rapporto con il cinema. Rapporto complesso, come viene ribadito sia dallo zio Boris (Judd Hirsch) che dal grande regista John Ford (cameo di David Lynch) che spiegano al giovane Sam (Gabriel Labelle), alter ego di Spielberg, che l’Arte gli spezzerà il cuore e manderà in crisi il suo rapporto con gli altri ed in particolare con la famiglia. E qui sta il nocciolo di questo film: la separazione cartesiana fra Anima e Corpo, fra res cogitans e res extensa e quindi in senso lato fra Anima, cioè  l’amore per l’Arte e specificamente il cinema, e Materia, cioè la vita di tutti i giorni. Probabilmente lo stesso titolo del film ce lo vuole suggerire: Fabel si pronuncia in inglese come Fable cioè “Favola” e Man significa “Uomo" (la s finale indica il nucleo familiare e non un plurale). È difficile pensare che non fosse nelle intenzioni più o meno consce di Spielberg il rappresentare già nel titolo questo contrasto fra Anima (la Favola) e il Corpo (l’Uomo). Ma non finisce qui. Guardiamo i genitori di Sam: la madre Mitzi (Michelle Williams) vive in una realtà che ha poco di reale, ama seguire i suoi sogni e, nonostante quanto dice, poco si cura di coloro che la circondano, non esita molto infatti a lasciare il marito e i figli (per il vero le tre figlie la seguono, solo Sam resta con il padre) per seguire zio Bennie (Seth Rogen), amico di famiglia. E si badi, quando spiega i motivi del divorzio a Sam, Mitzi usa questa frase "Bennie ha bisogno di me...ed io di lui" cioè antepone l’interesse di Bennie al suo proprio, come se stesse compiendo una buona azione nei suoi confronti. Per spiegare questo comportamento è facile, e probabilmente giusto, invocare il vecchio topos "genio e sregolatezza" (Mitzi è in effetti una pianista di successo, come la madre di Spielberg che era anche pittrice) però si può avere l’impressione che di fondo vi sia in questo personaggio una patologia psichiatrica sul tipo del disturbo narcisistico di personalità. Il padre di Sam, Burt (Paul Dano), è l'opposto di sua moglie: ingegnere elettronico con i piedi saldamente piantati a terra, indirizza la vita della famiglia secondo le necessità del suo lavoro e si ostina a definire l’amore di Sam per il cinema un “hobby”, cosa che disturba molto il ragazzo. Viene spontaneo alla fine del film chiedersi che influsso possa aver avuto sulla formazione di Sam (e quindi di Spielberg) questa drastica differenza fra madre e padre nel modo di vedere e vivere la vita. Si può pensare che egli riesca nel corso della sua vita ad operare una sintesi (aristotelica) fra Anima e Corpo che gli permetta di vivere felicemente la sua esistenza. E in effetti, che anche il cinema stesso rappresenti una sintesi di aspetti contrastanti emerge chiaramente nel corso della narrazione: Sam vede il cinema inizialmente come un sogno che egli realizzerà da bambino nel suo primo film, The Last Train Wreck, che Spielberg effettivamente girò a 11 anni, poi si rende conto di come esso possa svelare situazioni reali che nella realtà non sono riconoscibili (il rapporto sentimentale fra sua madre e Bennie) e come infine possa far vedere la realtà in un  modo diverso a seconda dello spettatore, come emerge dal dialogo con il compagno di scuola Logan (Sam Rechner) in merito al film girato alla fine dell’anno scolastico con il quale Sam voleva fare un piacere a Logan il quale invece lo interpreta come un’offesa. Ed è questa la vera magia del cinema.

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