domenica 2 aprile 2023

“Armageddon Time - Il tempo dell’Apocalisse", James Gray (2023)

Fin dalla sua prima opera, “Little Odessa” (1994), James Gray dimostra una particolare attenzione per le dinamiche famigliari, in particolare nelle famiglie ebree di New York. Non stupisce quindi che anche in questo film, la storia si dipani nell’ambito del panorama abituale, vale a dire il quartiere del Queens, e in una famiglia di ebrei di origine ucraina, i Graff, in un momento della storia degli Stati Uniti, il passaggio fra gli anni '79 e '80, caratterizzato dalla campagna elettorale che porterà Ronald Reagan alla presidenza (di Reagan è in effetti la citazione che dà il titolo al film, da lui spesso utilizzata per instillare di volta in volta la paura di un crack economico della nazione o di un prevalere della Russia nella gara per la supremazia mondiale politico-militare). 

È utile, come spesso accade nell'analisi di un film, partire dal manifesto, riportato a sinistra, nel quale non può non colpire la suddivisione a scacchi, tipo puzzle, delle immagini. Ed il motivo di questa raffigurazione è che ogni famiglia è in effetti un puzzle composto dai singoli componenti che creano un quadro comune interagendo fra di loro ed influenzandosi a vicenda, una evidente analogia con la nota XVII meditazione di John Donne (1572-1631) che invece del puzzle utilizzava una metafora geografica. Fra gli elementi della famiglia l’attenzione è richiamata dal nonno materno Aaron (Anthony Hopkins) che riveste il ruolo di saggio consigliere e garante dell’unità della famiglia. E la famiglia Graff ha in effetti bisogno di questa figura. Papà Graff, Irving (Jeremy Strong), è infatti un uomo debole che vuole sembrare forte, il che porta a risultati disastrosi nei rapporti con i figli; la sua debolezza, oltre che costituzionale, deriva da un complesso di inferiorità essendo egli un semplice idraulico, mentre ad esempio la suocera aveva svolto un ruolo di rilievo presso le Nazioni Unite e glielo fa pesare. Mamma Graff, Esther (Anne Hathaway), non svolge un ruolo di spicco nella vita famigliare, quando è in casa si dà alla cucina e preferisce evidentemente realizzarsi all’esterno, nel mondo della scuola, pur tentando di ammorbidire il difficile rapporto fra Irving ed il figlio minore Paul (Michael Banks Repeta). Questi è in effetti un figlio problematico, che oltre a disobbedire per sistema e sfacciatamente ai genitori, non esita a rubare il contante di famiglia e a ideare il furto di un computer della scuola per pagare a sé ed all’amico nero Johnny una fuga in Florida. E quando Paul, dimentico di tutto quello che gli aveva insegnato nonno Aaron in merito al vivere una vita eticamente corretta, si sottrae alle sue responsabilità durante l'interrogatorio alla stazione di polizia negando di aver svolto un ruolo nel furto del computer, lasciando che tutto ricada sulle spalle di Johnny, nero, povero, orfano e privo delle conoscenze di cui egli si può avvantaggiare grazie al padre, eccolo andare incontro al suo Armageddon, alla sua sconfitta personale. Scopo di Gray è quindi di stigmatizzare la sopraffazione del diverso, soprattutto se si trova in una condizione di debolezza, e di invitarci a vivere la vita a schiena diritta, secondo principi etici ineludibili nei rapporti con il prossimo. Temi ben diversi dall’individualismo che Maryanne Trump (Jessica Chastain), sorella del più noto Donald, esalta durante un discorso agli alunni della scuola di Paul, rispecchiando l’individualismo reaganiano. La conclusione di Gray è quindi che l’avvento del repubblicano Ronald Reagan dopo il quadriennio del democratico Jimmy Carter abbia rappresentato un Armageddon Time per gli Stati Uniti? È probabile ma non del tutto condivisibile: il doppio mandato presidenziale che gli americani affidarono a Reagan infatti ebbe sì ombre ma non vi mancarono le luci.

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