Un'immagine può essere apprezzata per le sue qualità puramente estetiche ("mi piace"), ma in essa esistono anche significati che possono non essere immediatamente colti, soprattutto in un mondo pieno di immagini come quello in cui viviamo. E' quindi necessario prendersi il tempo per entrare nell'immagine (in questo blog in particolare, ma non solo, cinematografica) alla ricerca di questi significati.
domenica 18 febbraio 2018
"La Forma dell’Acqua” Guillermo del Toro, 2017
A una prima valutazione “La Forma dell’Acqua” può essere letto come una storia d’amore atipico che si snoda sullo sfondo di una critica sociale relativa alla oppressione delle minoranze (diversi, neri, omosessuali, portatori di handicap) da parte del potere costituito. Si può cercare di approfondire però l’analisi, partendo dal titolo: cosa significa la forma dell’acqua? L’acqua ha una forma? Ebbene sì, l’acqua può avere una forma ed è quella di due gocce che si inseguono sul finestrino di un autobus che corre sotto la pioggia, due gocce impersonate dalla Creatura anfibia (Doug Jones) e da Elisa Esposito (Sally Hawkins). Contrariamente al noto modo di dire, si tratta di due gocce assai diverse, sia nell’aspetto fisico che per altre caratteristiche: la Creatura è dotata di capacità taumaturgiche per le quali viene considerato nel suo habitat un Dio, Elisa è invece in fondo alla scala sociale: abbandonata da neonata sulla scalinata di una chiesa, muta (forse per un non ben definito trauma nell’infanzia), priva di affetti se non per la burbera collega Zelda (Octavia Spencer) e l’emarginato disegnatore Giles (Richard Jenkins) che non possono però supplire al suo intimo desiderio di amore. Catalizzatore involontario dell’incontro fra Elisa e la Creatura è il colonnello Strickland (Michael Shannon) che rapisce la Creatura dal suo habitat nel Rio delle Amazzoni per utilizzarne le capacità in ambito militare e a questo scopo la porta a Baltimora nell’istituto in cui lavora come inserviente Elisa. Inizialmente Elisa prova curiosità e compassione per la Creatura, maltrattata da Strickland, ma in seguito questo sentimento sfocia nell’amore, ricambiato, che supera ogni diversità (Amor Vincit Omnia...sembra ricordarci del Toro). La situazione precipita quando Strickland decide di portare agli estremi lo studio della Creatura sottoponendola a vivisezione e di conseguenza Elisa si trova costretta ad organizzarne la fuga, una fuga rocambolesca che si conclude con un tuffo dei due, apparentemente feriti a morte, in un canale che sfocia nell’Atlantico. Solo apparentemente però, perché la vicenda segue il ciclo mitologico nascita-morte-rinascita, rappresentato dall’uovo, simbolo di nascita per eccellenza, con cui Elisa nutre la Creatura, e dall’acqua stessa, incubatrice della vita non solo in ambito mitologico ma anche scientifico. E quindi Elisa morirà alla sua triste vita terrena per rinascere subito a una felice vita subacquea (dove le scarpe non le serviranno più) cui forse era predestinata: sono infatti le cicatrici sul collo che funzionando da branchie le permettono di respirare sott’acqua. Mentre la Creatura ed Elisa rinascono quindi a nuova vita come due gocce nell’oceano, il peggio tocca a due personaggi antipodici, il cattivo Strickland e il buon dott. Hofstetler, alias Mosenkov (Michael Stuhlbarg), emissario dello spionaggio russo, accomunati dal fatto di rimanere stritolati negli ingranaggi del potere politico-militare che, come Sansone nel tempio, distrugge tutto ciò che tocca.
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