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La Migliore Offerta, Giuseppe Tornatore 2013 |
Questa bella immagine dal film di Tornatore introduce il tema del rapporto fra cinema e pittura, rapporto che può essere visto sotto due aspetti principali: un quadro può infatti ispirare la trama di un film o, più frequentemente, può essere utilizzato nel contesto della scenografia per trasmettere o sottolineare un messaggio che il regista vuole inviare allo spettatore. L'argomento è ovviamente molto vasto e questo articolo non ha la pretesa di svolgerlo esaurientemente; lo scopo è quindi di stimolare la curiosità del lettore e indurlo ad un approfondimento attraverso alcuni esempi.
Iniziamo con "Wall Street" di Oliver Stone (1987). Delle numerose tele che compaiono in questo film, ricordiamo "Le Matador 1" di Picasso che compare alle spalle di Gordon Gekko (Michael Douglas) durante un colloquio con Bud Fox (Charlie Sheen).
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Le Matador 1, P. Picasso 1970 |
Il riferimento è evidentemente alla lotta che Gekko (nelle vesti metaforiche del torero) svolge quotidianamente contro il toro (simbolo della finanza di Wall Street) per accrescere la sua ricchezza. E ancora, più avanti nel film compare fuggevolmente il quadro di R. Birmelin "Il biglietto da venti dollari", dove la banconota che brucia testimonia quanto siano effimere le conquiste della finanza, come il finale del film avrà modo di dimostrare.
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Il biglietto da venti dollari, R. Birmelin 1986 |
Dopo 23 anni Oliver Stone torna nel mondo della finanza con "Wall Street: il denaro non dorme mai" e ancora troviamo un ruolo interessante per la pittura; prendiamo ad esempio un quadro appeso nello studio di Bretton James, rivale di Gekko, "Saturno che divora il figlio" di Goya. Si tratta di uno dei "dipinti neri" con cui Goya affrescò le pareti della sua casa fra il 1819 e il 1823, probabilmente ispirato da un quadro analogo, ma di ferocia decisamente maggiore, dipinto da Rubens fra il 1637 e il 1638. Molto si discute sul significato di questo quadro; nel contesto del film ha il chiaro significato di metafora dello scontro generazionale fra Gekko (Saturno) e James (il figlio) che esita nella vittoria del primo (non a caso alla fine del film James in preda all'ira distrugge il quadro).
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Saturno che divora il figlio, F. Goya 1819-1923 |
Sempre in questo film compare un'altra metafora sul tema caro a Stone della malvagità della finanza: si tratta di "Untitled n. 153 (Buffalo)" del norvegese Simen Johan. Questo quadro fa parte di una serie
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Senza titolo n. 153 (Buffalo), S. Johan 2008 |
dal titolo "Until Kingdom Comes" e rappresenta un gigantesco bufalo che riposa placido su un fondo di macerie, una sorta di enorme discarica. Nell'ottica di Stone il bufalo è la finanza che nel suo agire si lascia alle spalle, con grande indifferenza, solamente macerie.
Lasciamo Oliver Stone e passiamo a Martin Scorsese, "L'età dell'Innocenza" 1993, tratto dall'omonimo libro di Edith Wharton. Il quadro senz'altro più famoso di questa pellicola è "L'Arte, la Sfinge, le Carezze", dipinto peraltro 15-20 anni dopo il periodo storico nel quale si svolgono gli eventi oggetto del film .
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L'Arte, la Sfinge, le Carezze, F. Khnopff 1896 |
Quadro enigmatico per eccellenza (fin dal titolo), si caratterizza per la figura androgina di Edipo e per la chiara soddisfazione che la sfinge esprime mentre si stringe a lui con amorevolezza. Perché Edipo è così ritratto? e perché la sfinge ha questo atteggiamento invece di suicidarsi dopo la risoluzione dell'indovinello (l'atmosfera del dipinto fa pensare che Edipo abbia già risolto il quesito)? Possiamo pensare che sia per le donne che per gli uomini (da qui l'aspetto androgino di Edipo) non vi è nulla di definito nella vita anche se può sembrare di aver risolto ogni dubbio e problema (rappresentati nella metafora dall'indovinello). In effetti, passando alla trama del film, l'avvocato Newland Archer (Daniel Day-Lewis) crede che la sua vita abbia un corso ben definito e che sposerà la cugina May (Winona Ryder) portando avanti la sua esistenza secondo schemi ben precisi. L'arrivo della carezzevole Ellen Oleska (Michelle Pfeiffer) sconvolge invece questi schemi: Archer si rende conto di non amare May e di disprezzare la società in cui vive e in cui si è creato una carriera. Sempre nello stesso film Scorsese utilizza un quadro per effettuare una ripresa molto raffinata, caratterizzata dalla compresenza di tre piani contemporanei: i due personaggi, il loro riflesso nello specchio a sinistra insieme al riflesso di scene del ballo e il quadro di Tissot a fianco della specchio che riporta una scena molto simile al ballo.
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Hush! (the Concert), J. Tissot 1875 |
Molto probabilmente con questa ripresa Scorsese ha voluto sottolineare la prevedibilità e la ripetitività dell'esistenza in un mondo fatuo e privo di valori quale quello in cui si svolgono i fatti narrati nel film.
Passiamo ad un film meno impegnativo: "Il grande Lebowski" di Joel Cohen (1998). Il protagonista Jeffrey Lebowski (Jeff Bridges) vive una vita al di fuori degli schemi convenzionali, fatta di partite di bowling, marijuana e liquori. Cosa c'è quindi di meglio per un regista provocatore e dissacrante di inserire nel film un poster che ritrae Richard Nixon, emblema dell'establishment nella sua veste più corrotta, mentre giuoca a bowling mentre "Drugo" si prepara l'ennesimo "White Russian"?
L'ironia è anche maggiore se si considera che quel poster fu commissionato dallo staff della Casa Bianca per dare di Nixon un'immagine rassicurante e vicina all'uomo della strada!
"Skyfall" (Sam Mendes 2012), penultima opera della saga di James Bond, ci offre l'opportunità di esaminare due quadri di simile concezione che sottolineano due situazione diverse del film. William Turner dipinse il primo (in ordine di comparsa nel film, ma cronologicamente secondo) nel 1838:
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La valorosa Téméraire trainata al suo ultimo ancoraggio per essere demolita, W. Turner 1838 |
James Bond (Daniel Craig) è seduto su una panca alla National Gallery di Londra; lo raggiunge il giovane "Q" (Ben Winshaw) e fra i due inizia una schermaglia verbale imperniata sulla differenza di età e sui metodi anacronistici utilizzati da Bond. Il quadro che vediamo sullo sfondo è una metafora ben precisa di questa situazione: vi è ritratta una vecchia e gloriosa nave da guerra, la Téméraire trionfatrice nella battaglia di Trafalgar, portata alla demolizione, analogamente a quello che sembra essere il destino di Bond. Il cuore di Turner è probabilmente dalla parte della vecchia nave, dipinta in chiaro, mentre il rimorchiatore è ritratto con colori scuri ed emette orrendi pennacchi di fumo nerastro. Il tutto alla luce del tramonto che accentua l'idea della fine di qualcosa. Ma alla fine del film le cose cambiano radicalmente: il colloquio fra l'appena nominato "M" (Ralph Fiennes) e Bond nello studio del primo suggella la vittoria dei vecchi metodi di Bond, il tutto sottolineato dal quadro che compare sullo sfondo fra i due:
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La HMS "Victory" pesantemente impegnata nella battaglia di Trafalgar, T. Buttersworth 1825 |
In esso è ritratta una scena della battaglia di Trafalgar (21 ottobre 1805) in cui la marina britannica affrontò e sconfisse la coalizione franco-spagnola, nonostante un importante svantaggio numerico: 27 contro 33 navi. Nel quadro è visibile in primo piano a destra la Victory, da cui Nelson comandava la flotta, mentre dietro la Victory ritroviamo la Téméraire, vittoriosa nella battaglia e questa volta metafora del ruolo di Bond trionfatore. Ma ancora, da una delle navi spagnole a sinistra è ritratto un cecchino che spara verso la Victory ed uccide Nelson, così come "M" (Judy Dench) era stata uccisa nella battaglia finale contro gli uomini di Raoul Silva (Javier Bardem) che aveva visto alla fine Bond vittorioso.
Restiamo in Inghilterra con Danny Boyle e il suo "In Trance" (2013). Questa volta il quadro di Goya (Volo di streghe, 1798)
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Volo di streghe, F. Goya 1798 |
rappresenta l'elemento intorno al quale ruota tutto il film. E' un quadro ermetico, ricco di simboli ed allusioni di difficile comprensione, ciononostante affascinante ed inquietante. Perché Boyle ha scelto questo quadro? Se, come sostenuto da alcuni, Goya ha voluto alludere alla credenza medioevale dei voli notturni, secondo la quale quando un individuo va in estasi la sua anima prende il volo per recarsi nel regno dei morti, è possibile che il quadro voglia simboleggiare la trance ipnotica, elemento centrale del film e del tutto analoga ad uno stato di estasi.
E giungiamo alla conclusione con un film recente, "Julieta" di Pedro Almodovar (2016). In un momento di grande tensione emotiva per la protagonista Julieta (Emma Suarez), angosciata dalla incapacità di mettersi in contatto con la figlia e tormentata dai dubbi in merito al perché della sua scomparsa tanto improvvisa quanto apparentemente immotivata, Almodovar ci mostra fugacemente un autoritratto di Lucian Freud che sottolinea efficacemente, accostato al viso tormentato di Julieta,
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Autoritratto, L. Freud 1985 |
l'angoscia di vivere, motivo ricorrente nei ritratti ed autoritratti di questo pittore.
Il rapporto fra pittura e cinema, come ho cercato di dimostrare con questo breve articolo, è quindi ricco e molto interessante. Nel vedere un film (a mio parere in seconda visione poiché nella prima la valutazione dello spettatore è spesso e giocoforza una valutazione d'insieme in cui i dettagli possono sfuggire) val quindi la pena di notare particolari quali appunto i quadri che permettono di apprezzare con maggior completezza l'opera e rappresentano una occasione di approfondimento.
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