sabato 8 novembre 2025

“A house of dynamite”, Kathryn Bigelow (2025)

Un missile partito da un luogo sconosciuto e diretto verso gli Stati Uniti viene avvistato dalle centrali militari americane addette a scrutare mare ed cielo per avvistare attacchi nemici. Mentre all’inizio l’evento viene ritenuto un innocuo test, ben presto appare chiaro dalla traiettoria che l'obiettivo è una delle più grandi città americane, Chicago, con 10.000.000 di morti da mettere in conto in caso attacco nucleare. A questo punto entriamo nel cuore del film della Bigelow che, attraverso una tecnica di montaggio ben nota, ci mostra con sequenze consecutive come lo stesso evento viene vissuto dal punto di vista di militari, politici, analisti. Ed è proprio questo il problema principale che Bigelow vuole sottolineare, non le interessa chi ha lanciato il missile perché non vuole attribuire la responsabilità del lancio al solito “cattivo”, che siano i nord-coreani, i cinesi o i russi né le interessa se Chicago verrà distrutta o no. Il messaggio del film è diverso, è quello di dimostrare come l’umanità ha costruito la “Casa di dinamite” del titolo, cioè un mondo pieno di arsenali nucleari in grado di distruggere il pianeta, avendo però una capacità di controllo del tutto inadeguata, nonostante l’utilizzo di tecnologie non disponibili in passato (vedi il richiamo alla battaglia di Gettysburg). E questa capacità manca, ci spiega Bigelow, a causa del fattore umano, per definizione imprevedibile e portato a decidere, come ben sanno gli psicologi, più in base all'emozione che alla ragione. E quindi vediamo Jake (Gabriel Basso), una colomba che si batte per non dar luogo ad una rappresaglia, che prende questa decisione non per razionalità ma perché non vuole mettere in pericolo la moglie incinta. E poi il ministro della difesa Baker (Jared Harris), che nell’impossibilità di far fuggire la figlia che abita proprio a Chicago si suicida, il maggiore Gonzalez (Anthony Ramos) che all’apice della crisi crolla e abbandona la sua postazione di importanza cruciale in una base militare in Alaska perché la sua donna lo ha lasciato. Ed infine Potus (Idris Elba), nome convenzionale dei presidenti degli Stati Uniti, che confessa all’attendente che lo accompagna ovunque con la valigetta contenente il necessario per autorizzare un attacco nucleare, di essere totalmente impreparato a prendere questa decisione e quindi di non avere la minima idea di cosa fare. L’unico che rimane fermo sulle sue posizioni è il generale Brady (Tracy Letts) che difende tenacemente l’ipotesi della rappresaglia. E qui il pensiero va a Stanley Kubrick ed al suo “Il dottor Stranamore” (1964) in cui regnano sovrane l’irrazionalità e l’aggressività, in particolare nella figura del generale Jack D. Ripper (non a caso “ripper" significa in inglese “sventratore”) che si inventa un attacco russo contro l’America per iniziare una guerra nucleare con la Russia. Eravamo allora in piena guerra fredda ed il film era apertamente satirico, ora la guerra fredda è finita, ma questo film ci spiega come i pericoli siano forse maggiori di allora e per di più lo fa senza alcuna satira.