William Schofield (George MacKay), caporale dell’esercito britannico di stanza sul fronte occidentale nell’aprile del 1917, è il protagonista dell’ultimo film di Sam Mendes, un film non tanto sulla guerra, ma di guerra, la differenza è importante. La guerra fornisce infatti lo sfondo di un bildungsroman, un romanzo di formazione nel quale assistiamo al mutamento dei comportamenti di William, inizialmente poco disposto a correre rischi e ad inseguire ideali e piuttosto dedito a procurarsi da mangiare, che grazie all’esempio dell’amico caporale Tom Blake (Dean-Charles Chapman) cambia radicalmente la sua visione del mondo o meglio la visione del suo ruolo nel mondo. E questo avviene quando William rimane solo con il peso della missione da compiere, un peso in realtà duplice. La missione ha infatti lo scopo di annullare un assalto che costerebbe la vita a 1600 soldati inglesi, ma ha per Tom anche una finalità personale e cioè di salvare la vita a suo fratello (Richard Madden) che fa parte del battaglione a rischio di essere sterminato. Quando Tom viene pugnalato a morte da un aviere tedesco, William si rende subitaneamente conto di dover a tutti i costi portare a termine da solo la missione, vista come un dovere morale nei confronti sia dei suoi commilitoni che dell’amico Tom. E lo fa con una decisione e un coraggio che all’inizio della storia non gli avremmo attribuito, nonostante mille ostacoli e pericoli che regia, sceneggiatura e fotografia ci fanno vivere in modo unico, grazie soprattutto al fatto che tutta la vicenda è girata in due soli sterminati piani-sequenza, separati dal passaggio dal giorno alla notte, coinvolgendo con grande efficacia lo spettatore. William è quindi l’esempio di come l’essere umano possa trovare in se stesso, e grazie ad uno stimolo adeguato, risorse inaspettate, proprio come Alex (Harry Styles) e Farrier (Tom Hardy) in un altro recente bel film di guerra, “Dunkirk" (Christopher Nolan, 2017).
Pur non essendo propriamente un film sulla guerra, va riconosciuto che alcune parti di “1917” sono ad essa dedicate. Pensiamo all’incontro di William con la giovane donna (Claire Duburcq) e la neonata, incontro che la donna vorrebbe prolungare, alla ricerca disperata di compagnia e forse di amore, o alla scena del soldato che intona una canzone religiosa americana del 1891, “Wayfaring Stranger”, dedicata alle fatiche della vita terrena ed alla pace che regna nel mondo a venire, nel silenzio dei suoi commilitoni sui cui volti commossi il regista si sofferma minuziosamente. O ancora al giardino di bianchi ciliegi, abbattuti dai soldati tedeschi nel corso della finta ritirata, ciliegi che, come ricorda Tom a William, potranno ricrescere, mentre sappiamo che le vite spezzate dei soldati e dei civili i cui cadaveri costellano il film non potranno mai ricrescere. E infine va sottolineata l’efficacia con cui la prima e l'ultima sequenza, entrambe girate in un campo fiorito, luminoso e silenzioso, esprimono la speranza che la guerra possa rappresentare almeno solo una piccola, pur se orrenda, parentesi in una esistenza di pace.