Un'immagine può essere apprezzata per le sue qualità puramente estetiche ("mi piace"), ma in essa esistono anche significati che possono non essere immediatamente colti, soprattutto in un mondo pieno di immagini come quello in cui viviamo. E' quindi necessario prendersi il tempo per entrare nell'immagine (in questo blog in particolare, ma non solo, cinematografica) alla ricerca di questi significati.
domenica 8 luglio 2018
“Il Sacrificio del Cervo Sacro”, Yorgos Lanthimos (2017)
Protagonista del film è una famiglia americana perfetta: padre chirurgo (Steven, Colin Farrell), madre oculista (Anna, Nicole Kidman), una figlia femmina (Kim, Raffey Cassidy) e un maschio (Bob, Sunny Suljic), un cane, una bella casa, il tutto ritratto coralmente con riprese in grandangolo. Famiglia perfetta sì ma algida, non vi è emozione nei rapporti fra i componenti che si muovono secondo un copione predefinito, svolgendo compiti ripetitivi come annaffiare il prato e portar fuori il cane. A questa staticità si contrappone il furibondo vorticare delle ventole a soffitto che forse prelude allo sconquasso che il dramma in arrivo porterà. Ma prima ancora che ciò avvenga e addirittura con la ripresa iniziale del film, un cuore battente durante un intervento chirurgico cui segue un lento zoom sui telini imbrattati di sangue ammassati nella spazzatura, Lanthimos sottolinea il contrasto fra questa asettica perfezione e la dura realtà della vita, fatta di carne e sangue destinati a finire appunto nella spazzatura. Ma torneremo in seguito su questo, prima va inquadrato il tema principale del film e cioè la Colpa, in questo caso di Steven che ha causato colposamente la morte del padre di Martin (Barry Keoghan) per un errore chirurgico forse dovuto all’influsso dell'alcol e cerca di redimersi intessendo con il ragazzo una relazione quasi paterna. Ma ciò non basta. Come Agamennone è condannato da Artemide, nei confronti della quale era colpevole di superbia, a sacrificare ciò che ha di più caro, la figlia Ifigenia, affinché cessi la bonaccia e le navi achee possano levare le vele e partire dall’Aulide alla volta di Troia, così Steven deve sacrificare un componente della sua famiglia a sua scelta, pena la comparsa di misteriose malattie che colpiranno inesorabilmente tutti i membri della famiglia fino ad ucciderli. E il deus ex machina di questa procedura è proprio Martin, inesorabile come Artemide, che esplicita la sua tesi in base alla quale la morte di un figlio innocente per espiare la colpa del padre non è giustizia, ma è quanto di più vicino alla giustizia egli possa immaginare. Ma Artemide, contrariamente a Martin, all’ultimo momento sottrae Ifigenia al coltello sacrificale sostituendola con una cerva. Perché Anthimos si discosta da questa trama, perché lascia che Steven, con una sorta di roulette russa, uccida uno dei suoi figli a caso? In fondo anche Dio all’ultimo momento fermò Abramo che stava per sacrificare il figlio Isacco per provare la sua fede nel Signore, anche Zeus salvò Callisto, trasformata in orsa, prima che il figlio Arcade la uccidesse durante una battuta di caccia. Questo credo sia il punto cruciale del film, è qui che Lanthimos afferma la differenza fra racconto mitico e vita reale. Quest’ultima infatti è fatta di carne e sangue destinate alla spazzatura come nella metafora iniziale, non esistono in essa le cerve sacre e salvifiche e di conseguenza è ben difficile sfuggire alle conseguenze delle proprie colpe, o per rimanere in ambito ellenico, a Nèmesis, la distributrice di giustizia del pantheon greco.
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