giovedì 22 giugno 2017

Gemelli e Cinema

"Lo Specchio Scuro", 1946

"Legend", 2015

                                 





      



Vediamo oggi attraverso alcuni esempi come il tema dei gemelli è stato trattato  nel cinema; è interessante in particolare valutare come le relative implicazioni psicologiche di questo tema vengano presentate dai vari autori nelle loro opere.

La sfida all'unicità dell'identità e il dilemma ad essa correlato (chi è copia di chi) rappresenta una prima prospettiva psicologica, anche se in molta della cinematografia, come peraltro nella vita reale, i gemelli, anche monozigoti, non sono mai identici e di questo il cinema è ben conscio, anzi utilizza questa sorta di ossimoro biologico (diversità nell'uguaglianza) per avvincere l'interesse e la curiosità dello spettatore. 

Vediamo come esempio di questa prospettiva due classici: "L'uomo Meraviglia" (Bruce Humberstone 1945) e "Lo Specchio Scuro" (Robert Siodmak, 1946). Nel primo film il tema, anche se il "primum movens" è un omicidio, è trattato in modo leggero: Buster Dingle, commediante spiritoso ed estroverso, viene assassinato da un gangster; sotto forma di fantasma va a visitare il gemello Edwin, tranquillo studioso introverso, e lo spinge a fingere di essere Buster per incastrare l'omicida. Danny Kaye, perfettamente a suo agio nella/e parte/i, è il vero motivo di godibilità della pellicola (non è questo un caso raro: parecchi film aventi come soggetto dei gemelli, anche se mediocri in sé, sono valorizzati dalla bravura del protagonista che interpreta entrambi le parti). 

Diversamente trattato è il tema dell'identità in "Lo Specchio Scuro", con Olivia de Havilland nella parte delle gemelle Collins, Ruth (dolce e remissiva) e Terry (fredda e calcolatrice). Anche qui tutto inizia con un omicidio, ma in questo caso siamo nel "noir" più classico, non c'è posto per l'umorismo, si tratta infatti di capire, da parte dell'investigatore di turno, quale delle due gemelle è colpevole dell'omicidio (vi è un testimone oculare). L'aspetto interessante di questo film da un punto di vista identitario è che se da un lato Siodmak mette in atto una serie di accorgimenti per aiutare lo spettatore a distinguere le due gemelle (ad esempio attraverso l'uso di collane con il nome) dall'altro rimane fino in fondo il dubbio che le due inconsciamente esercitino una sorta di scambio di personalità, convincendosi di volta in volta che l'una sia l'altra, in un viluppo schizofrenico che mette appunto a dura prova il concetto di identità.

Il tema identitario viene affrontato con toni leggeri anche ne "Il Cowboy con il Velo da Sposa" di David Swift, 1961 (il titolo è allucinante se pensiamo all'originale "The Parent Trap"; in questo caso il remake del 1998 di Nancy Myers ha in italiano un titolo più accettabile: "Genitori in Trappola"). In questo caso Hayley Mills interpreta due gemelle, Susan e Sharon, separate alla nascita per il divorzio dei genitori, che in seguito si incontrano da adolescenti, scoprono di essere gemelle e attraverso uno scambio  di identità spingono i genitori a tornare insieme, con un "happy ending" in perfetto stile Disney.

"Inseparabili" (David Cronenberg, 1988) affronta il tema dei gemelli da una prospettiva sì identitaria (i protagonisti si scambiano le amanti ad insaputa delle stesse), ma originale rispetto a quanto abbiamo visto finora. L'accento è infatti posto sulla inseparabilità dei gemelli ginecologi Elliot e Beverly Mantle (Jeremy Irons), che, seppur caratterialmente diversi (il primo cinico e volitivo, il secondo passivo e sottomesso) sono talmente indispensabili l'uno all'altro che all'apice della crisi del loro rapporto, dovuta al sopravvenire di un terzo elemento, Beverly non può sopravvivere alla morte di Elliot, significando che i due costituivano una entità psichicamente unica (due Corpi, due Menti, un'Anima, come recita il logo del film). Interessante notare a questo proposito la tesi radicalmente diversa proposta da Edoardo De Angelis in "Indivisibili" (2016) dove Dasy e Viola (Marianna e Angela Fontana), gemelle siamesi, vorrebbero invece dividersi per poter condurre una vita autonoma. 

In un'altra prospettiva psicologico/psicoanalitica il gemello viene interpretato come il Doppio, il "Doppelgänger" nella terminologia originale proposta dallo psicoanalista austriaco Otto Rank, in qualche modo assimilabile all'archetipo dell' "Ombra" di Jung, che esprime in definitiva il male che alberga in ognuno di noi, spesso reso nell'arte dalla figura riflessa nello specchio (come richiamo al mito di Narciso) o dalla figura dipinta, come nel classico "Il ritratto di Dorian Gray" (Oscar Wilde, 1890). Ricordiamo a questo proposito "Chi giace nella mia bara?" (anche qui ci sarebbe da dire molto sul titolo italiano, ma lasciamo stare) di Paul Henreid (1964). Qui è la volta di Bette Davis nelle parti delle gemelle Edith e Margaret. La prima è la gemella "buona" e la seconda la gemella "cattiva" che dovrebbe quindi essere il Doppio. La peculiarità di questo film risiede però nel fatto che alla fine Edith, uccidendo la sorella per un odio di vecchia data, diventa a sua volta "cattiva" ed assume l'identità di Margaret, lasciando in dubbio fino in fondo l'ex fidanzato su chi essa sia in realtà e noi spettatori su chi delle due rappresenti l' Ombra. 

Molto evidente il ruolo del gemello come personificazione del Doppio in "Legend" (Brian Helgeland, 2015) con Tom Hardy nei panni dei gemelli Reggie e Ronnie Kray, dominatori incontrastati della malavita londinese negli anni '50-'60, il primo bello ed elegante, il secondo francamente psicopatico. Dal nostro punto di vista è interessante la lotta che Reggie conduce dall'inizio alla fine del film contro il comportamento disastroso di Ronnie (che sarà causa della fine della loro epopea) proprio come ognuno di noi combatte quotidianamente il male (l'Ombra) che convive in lei/lui. La visione pessimistica del film in merito all'esito di questa lotta è ben espressa da un esasperato Reggie che di fronte all'ennesimo atto di follia del gemello esclama: "...perchè non posso ucciderti, anche se darei tutto per farlo", come dire che non possiamo eliminare il male che è in noi, dobbiamo accontentarci di arginarlo.  

Molti film sul tema dei gemelli rimarrebbero da menzionare, a testimonianza dell'interesse del cinema per questo tema. Forse questo interesse deriva dal fatto che il cinema stesso può essere considerato gemello della realtà (come in effetti tutte le manifestazioni artistiche, ma in modo ovviamente più realistico) con tutte le implicazioni che ne possono derivare sui temi dell'identità e dell'Ombra di cui abbiamo parlato.